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sabato 10 settembre 2022

[Mister Bananafish] - Brevi disegni sull’universo: “Ghiaccio”

 

"Ghiaccio", Anna Kavan (Helen Emily Woods), 1967.

Allora.

Mi è piaciuto? Sì, molto.

Lo rileggerei? No, col cazzo.

Raccontata con prosa incalzante (anche troppo: alcuni eventi grossi, come imponenti battaglie o lunghi viaggi, sono liquidati in poche righe), ma confusa (ok i passaggi onirici, le visioni, lo swap passato/presente... ma in molti punti mi sono sentito davvero confuso, pur non essendo proprio nuovo a certi tipi di narrazione), la storia descrive un modo che marcia verso la distruzione.

Non è importante sapere perché. Forse una pandemia gestita con logiche economiche e non mediche? Una guerra mondiale nata per nazionalismo e capitalismo?

Non importa.

Questo è solo il contesto. Serve a far muovere i personaggi. Che sono tre.

Un carceriere, un soldato, una donna.

I primi due esercitano il loro potere (violento, fisico, psicologico, patriarcale), la donna lo subisce.

Consiglio almeno l'ultimo capitolo, un pugno angosciante sul petto. Dove l'amore tossico trionfa, con la donna che (sola e senza vere alternative) abbraccia il suo carnefice e lo segue verso il disastro.

Perché per lei non esiste un'alternativa. Vive in un mondo in cui non ha potuto essere che una vittima, rinchiusa e abusata. In cui nessuno ha fatto niente. In cui alcune dinamiche perverse son passate per normalità. In cui gli uomini opprimono e fanno la guerra.

In effetti, perché aspettarsi un finale diverso quando il libro ci racconta ogni mortificazione quotidiana che ha dovuto subire, nel silenzio di tutti?

Mi è piaciuto? Sì, molto.

Lo rileggerei? Sì, deve essere riletto.

Periodicamente.

Soprattutto da chi ha un pisello.

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