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martedì 4 febbraio 2025

[Better Call Saul] - Season 04 - Un disegno per ogni episodio

In questa quarta stagione, i colori diventano particolarmente “narrativi”.

 

I colori caldi sono associati alla story line di Nacho Varga (e alla sua parabola distruttiva), mentre i colori freddi sono dedicati alla story line di Saul Goodman, che a fine stagione diventa il cinico stronzo buontempone che abbiamo conosciuto in “Breaking Bad”.

 

Prometto che non vi farò aspettare così tanto per la quinta stagione.

Sarebbe un crimine, e non mi posso permettere un buon avvocato.

 

 1          Smoke                          06/08/2018     
 2          Breathe                         13/08/2018
 3          Something Beautiful       20/08/2018

 

4          Talk                             27/08/2018     
 5          Quite a Ride                  03/09/2018      

 

6          Piñata                           10/09/2018

 7          Something Stupid          17/09/2018
8          Coushatta                     24/09/2018
 9          Wiedersehen                 01/10/2018
 10        Winner                         09/10/2018

mercoledì 16 ottobre 2024

[BOOKOWSKI] – Elegia americana (2024)

 

La copertina è bella.

Leggere Chuck Palahniuk negli anni '90 e 2000 era divertente. Libri pieni di personaggi pazzarelli, temi estremi ed originali, colpi di scena ben assestati, una prosa figa ed efficace.

Questa lettura, negli ultimi anni, è diventata molto più rivelatrice. Oggi (con una nuova maturata sensibilità, si spera) è facile individuare nei personaggi di Palahniuk il prototipo dell'uomo occidentale, tendenzialmente etero, pieno di insicurezze e privo di riferimenti, che cerca di compensare questo vuoto con attività folli, pericolose e antisociali. È un uomo che non fa mai una vera autocritica o che si mette davvero in discussione, preferisce piuttosto porsi come vittima del “sistema” (la società? il consumismo? le relazioni? …) e – in quanto vittima – sentirsi giustificato e deresponsabilizzato per quello in cui è coinvolto.

La sto prendendo alla larga, ma ci arrivo.

 

Dicevamo che, letto oggi, è facile constatare come questo “materiale” umano sia stato negli anni “coccolato” e blandito dalle destre, che hanno cavalcato le sue insicurezze e paure, convincendolo che l'origine del suo malessere non sia legato a un potere crudele, egoista e ingiusto (=capitalismo), ma sia bensì da attribuire a stranieri che rubano il lavoro, donne che si ostinano a essere indipendenti, pacifisti vigliacchi che non vogliono difendere la vera civiltà.

Non credo sia una interpretazione forzata, credo che Palahniuk (scrittore che adoro) sia una buona lente per vedere quello che si stava muovendo nella società. 

Nel 2000, la sua narrativa era “pop”, disturbante, divertente. Oggi è più inquietante proprio perché quei caratteri, quelle dinamiche, quei sentimenti sono esplosi e – in quanto numericamente significativi (quindi: in quanto elettorato) – sono clienti a cui dare il prodotto che cercano.

E questa è una cosa che ormai le destre fanno benissimo, non solo per “meriti” propri, ma anche perché forze (anche solo vagamente) di sinistra sono ormai incapaci di interpretare e supportare le necessità del popolo e dell3 lavorator3. Questo – però – è un tema ben più ampio, al di là della mia portata, ed è quindi meglio metterlo da parte in questa sede.

 

Insomma: le destre stanno crescendo solo perché il maschio bianco occidentale è in crisi e loro gli fanno “pat pat” sulla spalla?

Di sicuro questo è un elemento importante, ma non il solo, non il più importante.

 

Per capire quello che sta succedendo, è meglio concentrarsi sugli USA, che – essendo la più grande lente di ingrandimento di quello che logora l’Occidente – sono anche il terreno dove certe cattive erbacce crescono più numerose e sono quindi più visibili.

 

James David Vance, detto JD Vance, è un senatore repubblicano degli Stati Uniti d'America per lo stato dell'Ohio e candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti d'America nelle elezioni presidenziali del 2024. Vance, in realtà, anche se dopo un primo periodo di scetticismo, è oggi uno dei fedelissimi di Donald Trump (per dire: la teoria che le elezioni del 2020 fossero state truccate è la sua, tanto per intenderci).

 

Volevo capire come personaggi con idee così discutibili, crudeli ed estreme potessero avere un “appeal” non solo sul ceto benestante/ricco (quello me lo aspetto: i ricchi votano sempre stronzi che possono farli diventare più ricchi), ma anche tra i lavoratori e chi non se la passa bene. Di base è la stessa domanda che mi facevo nei primi anni di Silvio Berlusconi: “perché pensionati ed operai lo votano?!”. Nel caso del cavaliere poi l’ho capito (anche in questo caso, non parliamone qui, sarebbe troppo lungo), ma in USA la situazione mi risultava troppo fumosa, qualcosa mi sfuggiva.

 

Così, ho fatto quello che faccio ogni volta che provo a capirci qualcosa: leggo. In questo caso, ho letto il libro di JD Vance (quindi, mi sono sacrificato io, voi non fatelo, leggete questo post al limite), “Elegia americana”, spinto molto ultimamente, anche perché Netflix ci farà o ci ha fatto un film.

 

Il libro è una sorta di autobiografia in cui l’autore e i suoi editor, in modo molto consapevole e chirurgico, raccontano la storia di un “ragazzo del popolo”, pieno di problemi, che grazie a Dio, all’esercito e alla famiglia, riesce ad avere successo, pur restando quel sempliciotto che è sempre stato.

In questo post tralascio la narrazione dell’aspetto umano della vicenda (sembra il “Libro Cuore” di Capitol Hill, anche se scritto bene… in Italia abbiamo Vannacci, quindi inutile sentirsi superiori!), per concentrarmi sulle dinamiche sociali ed economiche statunitensi che hanno portato una grossa fetta della popolazione (bianca, disoccupata e che vive grossomodo nella zona degli Appalachi) a sostenere (e votare in passato) un ricco e folle coglione con il riporto.

 

I Monti Appalachi attraversano il West Virginia e l’Ohio. La zona interessa anche il Kentucky e si ferma verso il Lago Erie, prima del Canada.

Il libro descrive la condizione di un’ampia fascia di popolazione che sarà poi intercettata dai Repubblicani: proletari bianchi di origine scozzese/irlandese (nel XVIII secolo, gli immigrati scozzesi e irlandesi si riversarono sui Monti Appalachi: Alabama, Georgia, Ohio, …), o che hanno lasciato presto gli studi. Sono persone per le quali la povertà è una sorta di tradizione di famiglia: gli antenati erano braccianti nell’economia schiavista del Sud, poi mezzadri, dopo minatori, infine meccanici e operai.

Viaggiamo nella “rust belt”, tra gli Appalachi e i Grandi laghi. Il termine “rust” lascia intendere che è la zona dell’industria pesante, andata poi in declino (“ruggine”, appunto). Parliamo di persone che, in modo semplicistico forse, sono definiti “hillbilly”, “redneck”, “white trash”.

Anche se europei, le caratteristiche di queste persone ci sono familiari, ci sono state raccontate da film, serie TV e romanzi: un concetto (un po’ personale e machista) di lealtà, dedizione (anche qui “pro forma”) alla famiglia, diffidenza rispetto gli estranei.

 

Nell’era Nixon, gli assetti politici della zona cambiarono, perché il voto si spostò dai Democratici ai Repubblicani: la classe degli operai bianchi in declino (che vide venire meno i capisaldi della loro cultura: diminuzione della mobilità sociale, incremento della povertà, sfaldamento della famiglia tradizionale, diffusione delle droghe, abuso di alcol, …) si rivolse all’altra parte, in cerca di conforto e soluzioni. Che non arrivavano, comunque: le aziende continuavano a chiudere e i problemi si confermavano.

È in questo contesto che va inserita l’interpretazione che la popolazione diede di questi problemi. Non fu messo in discussione il sistema politico e sociale (= capitalismo sfrenato occidentale), ma ci fu un approccio più individualista: non era il Governo a dover mettere le persone in condizioni di vivere bene, ma era il singolo che con impegno e duro lavoro poteva cambiare il proprio destino.

Ovviamente, questa è una cazzata. La retorica dell’impegno che risolve tutto ha mostrato ampiamente i suoi limiti (chi riesce ad avere successo non parte mai da una situazione disastrosa, non è mai solo, e ha vari “ammortizzatori”: famiglia potente o ricca alle spalle, sicurezza finanziaria di base, uno zio prete, …).

L’impossibilità di migliorare la propria vita, quindi, fu “introiettata” (come direbbe Biascica) e portò a senso di colpa e depressione.

Questa è la mia lettura ovviamente, nel libro troverete invece la narrazione della classica epica statunitense sul “self made man”. Ma basta un minimo di lettura più ampia per capire come sono andare davvero le cose.

 

L’autore, addirittura, riconosce che questo senso di pessimismo perenne, faceva dei bianchi della “rust belt” una classe ancora più in difficoltà delle classiche minoranze USA (neri, messicani, latinos): infatti, a differenza loro, per la popolazione degli Appalachi era sparita la benchè minima speranza di cambiare le cose.

Onestamente non so se un ubbriacone dell’Ohio stesse peggio di un nero arrestato solo perché si trovava nel posto sbagliato, ho i miei dubbi. Tuttavia, questo ci fa capire quanto nella “rust belt” si sentissero in debito per avere una vita migliore. E, quindi, quanto erano disposti a essere lusingati da una certa retorica di destra che li coccolava e dava un senso di rivalsa, ad esempio con la storia del “noi contro loro”.

Addirittura la famigerata “guerra tra poveri” era all’ordine del giorno: i poveri (quelli che lavoravano, ma guadagnavano poco) se la prendevano con i disoccupati, che percepivano un sussidio senza fare niente. È una dinamica che anche in Italia ci dovrebbe essere molto familiare (coff… RDC… coff… unica cosa buona fatta da M5S… coff…). E in questi anni che nasce la figura della “welfare queen”, vista come parassita della società e di quelli che lavorano.

 

Le vicende personali di JD Vance sono usate (molto bene, devo dire) per raccontare la storia di quei luoghi.

Tra gli anni ’70 e ’80, la popolazione da Jackson (Kentucky) si trasferì a Middletown (Ohio) per lavorare nelle grandi industrie (come la celebre acciaieria Armco). Erano “bifolchi” che emigravano per migliorare le proprie condizioni, ma restavano una comunità “chiusa”: nel nuovo stato non si integrarono benissimo, restando in quartieri tutti loro. Questa fu la seconda ondata, la prima era già avvenuta dopo la Grande guerra.

 

Nel 1984 Regan ebbe un enorme successo nella “rust belt”, e fu una grossa sconfitta per i Democratici. Quello democratico, almeno a parole, si erano sempre dichiarato come il partito dei lavoratori. Ma se erano proprio i lavoratori a passarsela male, allora aveva fallito. I votanti virarono tutti più a destra, dove la retorica di cui abbiamo parlato prima, li blandiva e li consolava (anche se le condizioni effettive di povertà e “quality of life” non cambiarono).

I Dem si concentrarono più su altre battaglie che, per quanto importanti, non aiutavano l’elettorato perso (come le battaglie civili, o di tipo sociale), allargando la distanza tra quello specifico (e ampio) settore del paese e la sua rappresentanza politica.

 

A margine, un’altra considerazione, non vorrei essere frainteso. Che siano Democratici o Repubblicani, come detto, la loro visione del mondo resta fortemente basata sul capitalismo. Il loro fine non è uno stato sociale e una redistribuzione del reddito, bensì resta quello di aiutare i poveri promettendo di farli diventare un po’ più ricchi. Ma poveri continueranno sempre ad esistere, così. Un esempio di questo POV è anche il (bel) film “Dumb money” (2023), in cui si racconta – come se fosse chissà quale rivoluzione – una vicenda (importante) che aveva visto un gruppo di piccoli investitori arricchirsi alle spese di qualche Big Company. Per carità, fa piacere sempre se i ricchissimi soffrono, ma gli statunitensi vedono come fine ultimo quello di diventare più ricchi, non quello di eliminare la povertà.

Democratici e Repubblicani restano 2 partiti di destra: ai primi piace (forse) un po’ meno sparare che ai secondi, ma a entrambi piace il capitalismo.

 

Torniamo a noi.

 

Ho letto questo libro, ho capito un po’ meglio la mentalità di quelle zone, capisco un po’ meglio come un personaggio come Trump abbia un certo successo.

Non credo che vincerà le elezioni, non ne sono certo, di base gli statunitensi sono stupidi.

Ma so che se perderà ci saranno disordini. C’è troppa rabbia che non aspetta latro che esplodere.

Il modo giusto sarebbe che fosse una esplosione rivoluzionaria all’insegna della lotta di classe.

 

Ma questi sono gli USA, baby. Sarà uno show violento e reazionario.

Ne hanno già pitchato la serie TV.